Ci ho un pò pensato e forse, sì, nel 2024 ha veramente poco senso un elenco degli “album”, qualcosa che in effetti oggi non ascolta più nessuno, se non del proprio artista preferito. Per il resto l’ascolto musicale è oggi (escludendo chi ha ancora il fuoco della passione, ovviamente) sottofondo o comunque con moderato interesse, in un mondo pieno di distrazioni che non vede più la musica come elemento centrale e culturale.
Detto ciò è stato un bell’anno, eccome: come ogni anno. Se arrivi a questa lista senza conoscermi, sappi che per qualche motivo poco sensato scrivo una newsletter settimanale che ogni giovedì cerca di raccontare la musica contemporanea, ma quella interessante, non quella dei grandi numeri.
Per il resto, ci prendiamo ora un bel respiro e partiamo con una lunghissima lista di canzoni: a te, lettore poi, il compito in caso di approfondire!
>> “Mary Boone” – Vampire Weekend
Non così prevedibile che il quinto disco della band fosse un così importante salto in avanti: un pugno di canzoni bellissime, che si muovono in direzioni musicali ampie, semplici solo all’apparenza. Così come questa, che è una instant classic: non ha nemmeno un ritornello, è semplicemente un gran bel pezzo di musica contemporanea. Li ho visti a Parigi in concerto, leggine qui.
>> “Flower Face” – Eternal Sunshine
Classe 88, dal Canada, la nostra Flower Face è apparsa come una cometa accecante, con il suo (bellissimo) disco Girl Prometheus, intenso, struggente e a tratti potentissimo, come in questo crescendo che mozza il fiato. A proposito di buona musica fuori dai radar.
>> In The Modern World – Fontaines D.C.
Consacrazione? I nostri ragazzi di Dublino sono probabilmente l’unica band rock ad essere riuscita a sdoganarsi e diventare di massa negli ultimi 10 anni. Ricordiamo bene le parole: degli ultimi anni. Perchè certo che resistono i grandi nomi (spesso a dispetto della loro carriera artistica in declino) ma di nuovi no, non è un gran momento per le chitarre. Poi ci sono loro: 4 dischi dal 2019, più quello (molto buono) solista del cantante Grian Chatten e diverse direzioni esplorate, con questo ultimo disco che vira ancora leggermente e che rimane impresso in diversi ottimi momenti che sanno di piccolo classico, come questa In The Modern World.
>> “Like a Lover” – Loren Kramar
Non è giovane, Loren Kramar: il suo nome girava da diversi anni (si legge di una news del 2015 su Apple Music) eppure ha aspettato il 2024 per il suo debutto. Un disco intimo e sorprendente, un piccolo musical in formato album, pieno di personalità e delicatezza. Tra le varie tracce, questa Like a Lover è la ballata perfetta che in un mondo ideale diventa un classico istantaneo.
>> “The Love It Took To Leave You” – Colin Stetson
A proposito invece di saper esplorare i generi: un album dove è il sax a farla da padrone non è una cosa frequente, ma questo brano, cardine e titolo del disco di uno dei più noti e rispettati sassofonisti del mondo è semplicemente incredibile. Oltre sette minuti di pulsazioni notturne e suoni che fanno viaggiare: qui ci vogliono cuffie e concentrazione, ma è anche farsi un bel regalo.
>> “Knife Edge” – Thom Yorke
I Radiohead e la voce di Thom Yorke sono stati IL segno di un prima e un poi nella mia esistenza, innegabilmente. Che oggi siano un gruppo di persone che pubblica a nome proprio o con progetti vari (vedi i The Smile) è verissimo, che non siano più in grado di essere qualcosa di diverso da tutto il resto altrettanto. E non c’è niente di male: hanno già sfornato capolavori a ripetizione. Detto questo, ogni tanto, capita il lampo di luce: in questo caso è Thom Yorke solista, nella colonna sonora che scrive per il film Confidenza, a regalarci una di quelle ballate che portano brividi alla schiena.
>> “Strawberry Line” – Beak
Trio sperimentale con (anche) Geoff Barrow (dei Portishead) dopo sei anni di silenzio ecco tornare i Beak, con un album pubblicato a sorpresa senza annunci. Come sempre sperimentale e particolare, la perla sta proprio nell’inizio: un lungo ed emozionante crescendo che ci ricorda quanto è bello avere persone creative al mondo.
>> “Shithouse” Big Special
Un altro botto del 2024: perché a chi scrive piacciono gli esordi. Specialmente quando sono esplosivi: qui parliamo di un duo che proviene dal cuore dell’Inghilterra, alla voce uno, alla batteria l’altro, in grado di mettere in musica ironia, protesta sociale e tutto quello che è il moderno post-punk, fatto bene. Tanti i brani bellissimi, questo è più particolare: storto, alieno, risentito, è un piccolo manifesto di cosa c’è qui dentro: energia.
>> “A Bad Wind Blows in My Heart Part 3” – Bill Ryder Jones
Già chitarrista dei Coral, da qualche anno il nostro Bill Ryder Jones è autore di dischi solisti sempre più interessanti e forse “Iechyd Da” è il punto massimo raggiunto al momento. Un disco elegantissimo che tocca la sua vetta in questa pt. 3 (vera, perché esistono già part 1 e 2 in precedenti album) che si fa amare nel suo crescendo nella seconda parte.
>> “Cinderhaze” – Stumbleine
Cambiamo un pò genere: elettronica lenta e dilatata di gran classe. L’ottavo disco su studio di Stumbleine fa quello che oggi si fa meno, ovvero regalare un ottimo disco di pulsazioni delicate ed eleganti, di cui Cinderhaze è la più toccante di tutte. Il disco perfetto per una sera in una metropoli notturna, camminando sotto la pioggia.
>> “Killing Time” – Magdalena Bay
Giovane duo di Los Angeles, al secondo album i Magdalena Bay scrivono il gioiellino pop dell’anno: un album sia accessibile che colorato, pieno di idee e derivazioni in tutte le direzioni. Un pò, se vogliamo, vicini agli Mgmt più accessibili, ogni canzone è una scoperta e se ne sono accorti in parecchi, vedendo le classifiche di fine anno che spesso li inseriscono tra le cose migliori di quest’anno.
>> “Place in the sun” – Chelsea Wolfe
Dai colori dei Magdalena Bay alle profondità di Chelsea Wolfe: la sensazione è che la nostra si lasciata avvolgere da un percorso di maturazione, abbandonando un pò le maggiori ruvidezze e scrivendo un ottimo, ottimo disco che si muove tra rock e trip-hop oscurissimo, di cui questa traccia è l’apice assoluto, per come si evolve e si lascia andare in un emozionante finale.
>> “My God” – Tapir
Il piccolo progetto sconosciuto che ha fatto parlare di sè quest’anno: pubblicato in tre atti, dal 2022 al 2024, il progetto di questi sei proveniente da Londra ha qualcosa dell’energia collettiva dei primi Arcade Fire o dei più recenti Black Country, New Road: eleganza e racconto, folk e rock che si fondono in un disco fatto con calma, tre anni lunghi di lavoro e un ottimo risultato finale. My God è il gioiellino accessibile che fa da porta d’ingresso.
>> “Big Swimmer” King Hannah
Qui c’è qualcosa di strano: i King Hannah sono stati uno dei miei amori recenti, per un bellissimo primo disco e per la tenacia con cui li ho potuti raggiungere e intervistare in un podcast che tenevo qualche anno fa. Insomma li ho nel cuore, sono stato seduto con loro e, evento rarissimo, possiamo anche dire che per una volta, l’Italia li ha accolti con un certo amore, tanto che vengono spesso a suonare da queste parti con un certo successo di pubblico. Ecco, forse perché é stato un anno più strano di altri, ancora non sono entrato in empatia e amore con il loro secondo disco (omonimo della canzone). Vedremo nel 2025, non è assolutamente un brutto disco ma è come ritrovare una ragazza dopo una prima uscita travolgente e sentirla solo una ragazza interessante. Detto ciò: questo lentone sensuale ed elettrico è assolutamente incredibile, per cui è facile che il nostro rapporto tornerà presto dei migliori.
>> “Meccanismi” – Vasco Brondi
Una sera, durante le chiacchere mentre si faceva il bagno, d’istinto, mia figlia mi ha detto: “mi piace questa canzone!”. Capita ogni tanto e qualche settimana dopo eravamo sotto il palco dell’Estragon di Bologna con questo piccolo esserino di 8 anni che aspettava “Meccanismi”. Una canzone che è poi stata anche ricantata con Ariete e, a posteriori, leggendo i commenti, ascoltando in giro, ha forse le potenzialità per essere un brano che entra in molti cuori. E il disco di Vasco è bello, soprattutto per una grande serenità interiore e un pugno di belle canzone: che poi praticamente ne abbia visto nascere la carriera (siamo qui a Ferrara e quel famoso demo girava tra gli amici in città molto prima che Vasco fosse Vasco) è indifferente, ma è vero che Meccanismi ha quel qualcosa di speciale ed è una di quelle canzoni che se girassero in radio, al contrario di tante canzoni senza un particolare scopo se non quello di farsi canticchiare, potrebbero farci diventare ascoltatori migliori.
>> “How it Starts” Loma
Tra i dischi (e i brani) che dobbiamo portarci da questo 2024: tutti bravi a ricordarsi le perle importanti e che hanno fatto discutere, mentre tanti altri dischi si perdono e scivolano leggeri nel dimenticatoio. Mentre in questo terzo disco dei Loma c’è tantissima eleganza e qualità: un soffio tra l’elettronico e il folk, un brano che potrebbe venire dai primi Daughter, con un crescendo impetuoso nella seconda parte che è tra le cose migliori dell’anno.
>> “El Captain” – Bright Eyes
Non era scontato, facile o ovvio che nel 2024 saremmo stati a parlare di Bright Eyes. Sia come gruppo, sia del suo cantante, Conor Oberst, uno dei massimi e più geniali autori dei primi anni duemila, dove a vent’anni si era permesso di scrivere diversi capolavori. E certi anni della sua carriera sono stati sicuramente incerti, poco incisivi, normalizzati. Eppure no: il gruppo è tornato già nel 2020 con un buonissimo disco e, ancora meglio, quest’anno. Sono tornati, più adulti e consapevoli, eppure sono tornati: tra le pieghe di un ottimo disco scegliamo questa energica e quasi latina “El Captain” per salutare un talento unico, ancora in forma per scrivere ottime canzoni.
>> “Autoluminenescent” Midwife
Al di là della canzone singola, una cover strappata dal passato, l’intero album di Midwife (“No Depression In Heaven”) è un monumentale blocco emozionale dove la voce è come sott’acqua, sospesa là sotto alle note di chitarra, una voce delicata e soffusa che avvolge ed entra sottopelle. Non è un disco facile, leggero o orecchiabile, ma ce lo portiamo con noi, assolutamente, tra le gioie dell’anno.
>> “We Make Hits” – Yard Act
A proposito di persone al secondo album: gli Yard Act. Che si sono spostati più verso un rock ballabile con influenze elettroniche e tanto ritmo (rispetto alle chitarre dell’esordio, pur sempre vicini ad una certa energia ballabile) con un secondo disco molto buono, ma comunque non in grado di stare tra i migliori dell’anno. D’altro canto però sono passati in Italia e la data al Lokomotiv di Bologna che li ha consegnati come una delle migliori band dal vivo del momento: una intensa bomba di forse due ore (o un’ora e mezza, chi lo sa) senza momenti morti, piena di energia, pulsazioni, canzoni riviste, balli e momenti folli. Un gruppo (molto) interessante su disco, imperdibile dal vivo.
>> “Rich” – Young Jesus
Per chiudere l’anno, la classica canzone che fa terminare una classifica deve un pò essere significativa. E allora ci mettiamo questa “Rich”. Di un autore, che, abbiamo letto, stava per mollare tutto, di una carriera mai decollata del tutto, che ha pubblicato infine questo “The Fool” che è un album intensissimo, da quelle parti di un primo disco di Bon Iver. Così come questa delicata e struggente ballata, che scivola nel finale intrecciando due voci, una ballata storta, obliqua, che non ha la perfezione stilistica di un Damien Rice ma sa colpire dritto al cuore.
Alcuni concerti:
Un buonissimo anno per i concerti quest’anno e ne ho scritto in diversi casi.
Tre le vette: l’energia degli Yard Act al Lokomotiv di Bologna, la perfezione stilistica di Daniela Pes a Ferrara, la qualità dei Vampire Weekend a Parigi. In generale, molti sono stati i momenti di musica in grado di essere indimenticabili e non è poco, se il primo anno in cui sei andato ad un concerto è stato il 2002.
Per chi volesse, ecco alcuni momenti da rileggere assieme.
- Daniela Pes - Cortile del Castello Estense, Ferrara
- Vampire Weekend - Adidas Arena, Parigi
- Yard Act - Lokomotiv Club, Bologna
- Yann Tiersen - Hall, Padova
- il racconto del giorno 1 al festival Piknik Y Parken, Oslo (con i Massive Attack)